Ordinanza n. 375/2001

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ORDINANZA N.375

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 512 del codice di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale, dal Tribunale di Ravenna con ordinanza emessa il 26 settembre 2000, iscritta al n. 807 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell'anno 2001.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 ottobre 2001 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che il Tribunale di Ravenna ha sollevato, in riferimento all'art. 111, quinto comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 512 del codice di procedura penale, nella parte in cui consente la lettura degli atti assunti nel corso delle indagini preliminari solo quando ne é divenuta impossibile la ripetizione per fatti o circostanze imprevedibili;

che il giudice a quo, chiamato a decidere sull'acquisizione al fascicolo per il dibattimento del verbale di una <<individuazione fotografica>> effettuata da una testimone nell'immediatezza del fatto per cui si procede, espone che tale atto é <<divenuto irripetibile a causa dell'incapacità della teste di ricordare alcunchè in merito all'esito dello stesso, nonchè di focalizzare nella memoria l'effigie della persona all'epoca riconosciuta>>;

che tale impossibilità di ripetizione non poteva peraltro ritenersi <<imprevedibile al tempo delle indagini, stante da un lato l'età già matura della teste e dall'altro il lungo lasso di tempo che sarebbe verosimilmente trascorso tra il fatto e la celebrazione del dibattimento>>;

che la formulazione dell'art. 512 cod. proc. pen. precluderebbe quindi di disporre la lettura dell'atto, consentita solo ove l'impossibilità di ripetizione derivi da fatti o circostanze imprevedibili;

che la norma censurata, in quanto prevede <<limiti estranei ed ulteriori>> - in particolare, la <<imprevedibilità dell'irrepetibilità>> - all'operatività delle deroghe al principio del contraddittorio nella formazione della prova, si porrebbe in contrasto con l'art. 111, quinto comma, Cost., ove si fa riferimento solo alla "accertata impossibilità di natura oggettiva" della ripetizione della prova;

che le regole dettate dall'art. 111, quinto comma, Cost. non si limiterebbero infatti a fissare <<un contenuto minimo di garanzia>> per l'imputato, sì da consentire al legislatore ordinario di introdurre ulteriori limiti e condizioni all'utilizzabilità degli atti, ma sarebbero poste <<anche a tutela dell'interesse all'accertamento della verità, del quale é in primis portatrice la parte pubblica ovvero a tutela altresì delle altre parti private che si assumono lese dal reato>>, le quali avrebbero quindi diritto ad utilizzare, nei casi consentiti, gli atti formati fuori del contraddittorio;

che, ad avviso del rimettente, tale opzione interpretativa si basa sulla constatazione che il principio del giusto processo, enunciato dall'art. 111 Cost., si riferisce non solo all'imputato, ma a tutte le parti processuali, ed é conforme alla corretta individuazione dello scopo del processo penale, ravvisabile nell'accertamento della verità;

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso chiedendo che la questione venga dichiarata infondata, non essendo condivisibile nè la premessa interpretativa circa la prevedibilità dell'impossibilità di ripetizione dell'atto, nè la chiave di lettura che viene fornita della norma costituzionale.

Considerato che il rimettente muove dalla premessa interpretativa che nel caso sottoposto al suo esame si versi in una ipotesi di irripetibilità di un atto assunto nel corso delle indagini preliminari, al quale - ove si trattasse di impossibilità di ripetizione per fatti e circostanze imprevedibili - sarebbe applicabile la disciplina delle letture prevista dall'art. 512 cod. proc. pen.;

che il giudice a quo mostra peraltro di non cogliere la differenza tra oggettiva impossibilità di ripetizione dell'assunzione dell'atto dichiarativo (quale potrebbe derivare da morte, irreperibilità, infermità che determina una totale amnesia del testimone), rientrante nella sfera di applicazione dell'art. 512 cod. proc. pen., e mera incapacità dedotta dal teste di richiamare alla memoria il contenuto dell'atto assunto durante le indagini preliminari, situazione appunto ravvisabile nel comportamento processuale di un testimone che afferma di non essere in grado di rispondere perchè non ricorda fatti o circostanze riferiti in precedenza;

che all'evidenza nel caso di specie non si versa in un caso di oggettiva impossibilità di procedere all'assunzione dell'atto (con riferimento ad una diversa situazione di fatto, comportante l'impossibilità di ripetizione per infermità sopravvenuta, e quindi l'applicabilità dell'art. 512 cod. proc. pen., v. ordinanza n. 20 del 1995);

che quindi, a prescindere da qualsiasi valutazione in ordine alla prevedibilità dell'impossibilità di ripetizione dell'atto, l'art. 512 cod. proc. pen., ove interpretato correttamente, non é applicabile alla situazione presa in esame dal giudice a quo;

che la questione va pertanto dichiarata manifestamente infondata per erroneità del presupposto interpretativo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 512 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 111, quinto comma, della Costituzione, dal Tribunale di Ravenna, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 22 novembre 2001.